ZACHARY RICHARD Bentornato Zac!
A Zachary Richard mi lega un affetto particolare. E’ stato il primo ospite “americano” a credere in me e a suonare in un mio disco parecchi anni fa. Negli ultimi anni c’eravamo un po’ persi di vista. Nel frattempo lui è diventato un’autentica star in Canada dove ha scalato le classifiche con i suoi dischi cantati in francese e dove ogni suo concerto è un evento al quale accorrono migliaia di persone. Tutto ciò, seppur gratificante, lo aveva però un po’ allontanato dal suo pubblico internazionale. Adesso Zachary è tornato. E’ tornato alla grande con un nuovo disco in inglese, peraltro molto bello, e con la voglia di raccontarsi di nuovo al pubblico italiano.
“Last kiss” è il tuo primo album in inglese da molti anni e arriva dopo la registrazione di parecchi dischi in francese. Perché hai deciso di farlo? Possiamo considerarlo come una sorta “di ritorno al tuo pubblico internazionale”?
La questione del linguaggio è secondaria. Il mio interesse primario quando scrivo canzoni è soprattutto quello di trasmettere un’emozione. Condividere cioè con il mio pubblico le emozioni che ispirano le mie canzoni. Io sono completamente bilingue, sono cresciuto in una cultura in cui due lingue, l’inglese e il francese vengono parlate correntemente. Non ho mai scelto di cantare in una particolare lingua, è l’ispirazione stessa a indicarmi quale sarà il linguaggio giusto per quella determinata canzone. Capisco però, che pur essendo io stesso bilingue e sentendomi a casa in entrambe le lingue, la natura stessa della diffusione della cultura, crea spesso delle barriere. Come scrittore di canzoni, attribuisco grande importanza al contenuto di una canzone. Ci sono diversi elementi nelle parole di una canzone: il ritmo, il carattere del suono, eccetera; ma il significato delle parole è sempre l’elemento più importante. Naturalmente, è altrettanto importante che chi ascolta le mie canzoni, abbia qualche idea a proposito di ciò che sto cantando, e così i miei fan che parlano inglese apprezzeranno maggiormente le canzoni in quella lingua, e lo stesso vale per il francese. Ma come ho già detto, è la canzone stessa a scegliersi la lingua, non io. La semplice ragione per cui Last Kiss è un album in inglese è che finalmente ho trovato il tempo di registrare queste canzoni. Nel 1994, durante un concerto a New Brunswick, in occasione dell’Acadian World Congress, fui letteralmente travolto dalla forza insita nelle mie radici franco – canadesi. A quel tempo non immaginavo neppure lontanamente che avrei passato i successivi 15 anni a registrare principalmente in francese. Tornando a un presunto “ritorno al mio pubblico internazionale”, aggiungo che non sto cercando di tornare al mio pubblico internazionale, semplicemente perchè non confondo mai la mia musica con ciò che potrebbe essere utile per la mia carriera. Seguo solamente il mio cuore.
La prima canzone “Dansé” mi ricorda il suono di dischi come “Mardì gras mambo” e “Woman in the room”. La grande differenza è che su questo cd non c’è il bellissimo sound della tua fisarmonica cajun. Perché nei tuoi precedenti dischi (e in quest’ultimo) non c’è fisarmonica? (Qui in Italia sentiamo molto la sua mancanza!). Suoni ancora la fisarmonica nelle tue esibizioni live?
Dansé è un tributo alla bellissima tradizione del ballo tipica della Louisiana. Ogni venerdì e sabato sera nella regione cajun, la gente esce per andare a sentire musica dal vivo e ballare. E lo fanno nello stesso modo da generazioni. Io sono cresciuto dentro quella tradizione e mi considero ancora parte di essa. Tornando alla fisarmonica, state certi che la suonerò sempre nei miei concerti. Quando si tratta di registrare, però, la cosa più importante è che la musica si adatti al meglio alla canzone. La fisarmonica cajun è, per certi versi, uno strumento davvero caratteristico. Il meglio di sé lo dà quando viene suonata nel contesto di una canzone che abbia un suono tradizionale. Userei la fisarmonica nelle mie registrazioni se la canzone, in qualche modo, lo richiedesse.
Quali sono stati i musicisti che più ti hanno influenzato, e quali sono i 5 cds da portarsi su un’isola deserta?
I musicisti più importanti per me sono sempre stati grandi della canzone d’autore come: Leonard Cohen, Joni Mitchell, Neil Young, Robbie Robertson (curiosamente tutti canadesi), Bob Dylan (che è del Minnesota, ma quello è uno stato che si può considerare quasi canadese); e in modo particolare Daniel Lanois. Fu durante la registrazione di Snake Bite Love nel 1991, nello studio di Daniel Lanois a New Orleans, che cominciai a capire la natura del processo di registrazione. Il suo uso delle atmosfere e la sua abilità nell’arrivare a un processo maggiormente organico fu un esempio che da allora ho sempre seguito. Io stesso mi considero un folk singer, che suona chitarra e piano. L’immagine sonora che voglio creare è semplice, ma aspiro anche a creare un ricco e consistente paesaggio musicale che arricchisca le canzoni e il piacere di chi ascolta. I miei cinque album per l’isola deserta potrebbero essere: Hard Again di Muddy Waters, Black Snake Blues di Clifton Chenier, After the Gold Rush di Neil Young, Prison songs, The Lomax Recordings volume 1 e Music from Big Pink di The Band.
Ascoltando le tue canzoni, deduco che ti piace leggere. Quali sono i tuoi scrittori e i tuoi libri preferiti? Quanto la letteratura ha influenzato il tuo songwriting?
Questa è una domanda molto bella. Io mi considero uno scrittore regionale. Sebbene rifugga dall’essere limitato a un tema in particolare, è anche però vero che mi sento maggiormente a mio agio con argomenti che trattano della Louisiana. In questo senso mi sento vicino a quello uno stile regionale che è stato definito da grandi scrittori come William Faulkner e Eudora Welty, ma anche dai miei conterranei Ernest J. Gaines e James Lee Burke. E’ l’abilità di parlare universalmente a tutta l’umanità trattando di una specifica cultura e area geografica a rendere grandi i libri di questi scrittori. Ho letto soprattutto libri storici e alcuni di quei racconti, qualche volta, si sono trasformati in canzoni: Côte Blanche Bay, Joe Ferraille, Massachusetts (Kerouac), e altre ancora. Sono affascinato dal passato e mi intriga la possibilità di trasmettere nelle mie canzoni un certo tipo di tensione drammatica. Per esempio, Last Kiss parla della violazione di un grande tabù del profondo sud e cioè di una storia d’amore tra persone di razze diverse. Uno dei due amanti fu persino braccato e inseguito dai cani. Un fatto sicuramente triste e tragico per il personaggio in questione, ma, in qualche modo, molto intrigante per la storia stessa.
Quali sono stati gli eventi nella tua lunga carriera che consideri indimenticabili?
Suonare in Italia. Mangiare in Italia. A parte gli scherzi, persino le cose brutte che mi sono successe durante la mia lunga carriera, una carriera in cui ho suonato tantissimo e ovunque, con il passare del tempo sono diventate qualcosa che, alla fine, ricordo con divertimento.
La tua bellissima e commovente canzone “The Leeve Broke” sembra quasi uno spiritual. Quale è il tuo rapporto con il gospel?
Sono un grande fan della musica gospel. Mahalia Jackson è stata una delle più grandi cantanti di tutti i tempi. Quando posso, il mio posto preferito per ascoltare musica al Jazz & Heritage Festival di New Orleans, è il tendone in cui si suona gospel. Ci sono una forza e una gioia in quella musica, davvero irresistibili.
In che modo l’Uragano Katrina ha cambiato la tua vita e forse anche il tuo approccio alla musica?
L’Uragano Katrina ha cambiato la mia vita e la vita di tutti quelli che mi circondano. Stavo iniziando a registrare Lumière dans le noir, l’album che ha preceduto Last Kiss. Avevo iniziato le registrazioni a Montreal e poi il 28 agosto ero partito per passare in Louisiana qualche giorno. L’uragano arrivò con la sua forza tremenda il giorno dopo. Per tutto l’anno successivo spesi tutto me stesso nella raccolta di fondi per aiutare i musicisti e la ricostruzione delle scuole. Per un intero anno le registrazioni restarono ferme. Uno dei rifugiati che ospitammo per qualche mese a casa nostra fu David Torkanowsky. Avevo già lavorato con lui nei primi anni novanta ma poi ci eravamo persi di vista, per diversi anni. Quando ci siamo ritrovati abbiamo ricominciato a collaborare. Tork ha prodotto diverse canzoni in Lumière dans le noir e ha coprodotto Last Kiss. Non puoi mai sapere in anticipo quali saranno le persone che un uragano farà bussare alla tua porta.
La sola canzone in “Last Kiss” in francese è la bellissima “Au bord de Lac Bijou”, che personalmente considero meravigliosa. E’ una storia molto commovente e poetica e la canzone ha una melodia toccante. Quando l’ascoltai per la prima volta, ne fui assolutamente colpito. E lo sono ancora. Quando, parecchi anni fa, la tradussi in italiano (era su “Heroes & Friends” un album dei Chicken Mambo del 1997); le persone si commuovevano ogni volta che la suonavo dal vivo. La canterai in inglese un giorno o l’altro?
Non tradurrò mai Au bord de lac Bijou. Non mi interessa tradurre le mie canzoni. L’ho anche fatto in qualche caso (One Kiss che è diventata Un autre baiser e Les ailes des hirondelles che è diventata Give me back my wings), ma le traduzioni non mi hanno mai soddisfatto pienamente. Troppe cose si perdono in una traduzione. Una lingua non è solamente qualcosa che serve per comunicare ma anche un fenomeno fisico. Il suono delle parole, la forma della bocca, il ritmo delle parole sono diversi in ogni lingua e questi elementi si perdono in una traduzione. Questo non per dire, che non si possa fare. Una testimonianza in questo senso è la traduzione in italiano di Burning che divenne Io Brucio grazie ad Angelo Branduardi o la tua versione di Au Bord de Lac Bijou (che diventò Canzone delle rondini, n.d.r.). Semplicemente, io non sono il tipo di persona che traduce le proprie canzoni. Sono troppo legato alle parole originali che scrivo per avere la giusta distanza, necessaria ad adattare una canzone. Sì, perché in effetti, le canzoni non possono essere tradotte senza essere in qualche modo adattate. E questo lo lascio a voi. (Potete ascoltare la versione di Fabrizio Poggi & Chicken Mambo di Canzone delle rondini cliccando qui n.d.r.) Canzone delle rondini
In “Last Kiss” c’è “Acadian Driftwood”, una bellissima canzone di The Band, il mio gruppo preferito. Credo di aver capito il perché tu abbia scelto quella canzone così splendida ed evocativa. Perché quella canzone racconta in maniera perfetta la storia dei tuoi antenati. Ma cosa mi dici a proposito di The Band. Quel gruppo ha influenzato in qualche modo la tua musica?
The Band è sicuramente e da sempre la mia band preferita. Basta dare uno sguardo alla lista degli album che più mi hanno influenzato per capire cosa la Band ha rappresentato per me. C’era qualcosa di veramente potente e assolutamente unico nella musica di Levon Helm e di quei quattro ragazzi canadesi. Lo spirito della loro musica era, ed è, allo stesso tempo moderna e antica. Lo stesso spirito che anch’io cerco di mettere nella mia musica.
So che l’Italia è uno dei tuoi paesi preferiti. So anche che ti piace molto il caffè espresso fatto all’italiana. Tornerai di nuovo nel mio paese per bere a “real espresso” – un vero espresso e a suonare dal vivo “Last Kiss”? Hai già dei piani in proposito?
Attendo con ansia di rivedervi tutti quanti e molto presto. Nel frattempo potete tenervi aggiornati sui miei spostamenti visitando www.zacharyrichard.com, www.facebook.com (cercando Zachary Richard – Official) ewww.myspace.com/zacharyrichard1
Grazie Fabrizio.
Grazie a te Zac e a presto…
Foto di Angelina Megassini