SULLE STRADE D’AMERICA CON IL BLUES
In tour con Guy Davis
di Fabrizio Poggi
Non tutte le strade del blues portano in Mississippi. O meglio, non solo. Quello che segue è il racconto di un sogno diventato un realtà. Qualcosa che voglio condividere con i lettori di ogni età ma soprattutto con quelli più giovani. A loro auguro di riuscire prima o poi a realizzare i loro sogni. Se ci si crede davvero, e si lavora con passione, onestà e determinazione prima o poi i sogni si avverano…
Tra febbraio e marzo in compagnia di Guy Davis grande bluesman ed erede riconosciuto di Robert Johnson e John Lee Hooker, ho intrapreso un lungo tour americano che ha toccato dieci stati: Illinois, Wisconsin, Missouri, Kansas, Iowa, Nebraska, Arkansas, Mississippi, Alabama e Georgia. Ho percorso in auto come è nella migliore tradizione dei musicisti on the road migliaia di chilometri attraverso il midwest e il profondo sud est. 18 concerti in 20 giorni! Un vero tour de force, bellissimo ed emozionante per presentare oltreoceano Juba Dance il disco che con Guy ho inciso e prodotto e che è stato candidato ai Blues Music Awards 2014. Tra i tanti luoghi in cui ci siamo esibiti oltre a svariate Università (il blues a scuola !!!), abbiamo calcato alcuni palcoscenici in cui si è fatta e si sta facendo gran parte della storia della musica americana. Luoghi come il The Space a Chicago dove in programmazione si trovano normalmente artisti come Jimmy Vaughan, Tommy Castro, Tab Benoit e Cassandra Wilson, giusto per fare qualche nome.
Evanston tra l’altro si trova vicinissimo alla famigerata prigione di Cook dove B. B. King ha inciso nel 1971 un famosissimo album live che la rivista Rolling Stones ha inserito tra i 500 migliori dischi di tutti i tempi. Quindi l’aria era quella giusta.
A Kansas City abbiamo suonato in un locale di culto come il Knuckleheads e ci siamo anche esibiti al Folk Alliance Festival ovvero il più grande e famoso festival folk del mondo, più di duecentomila spettatori ogni anno, con artisti provenienti da tutti gli Stati Uniti. Un’autentica festa per la musica delle radici e quindi anche per il blues.
E poi che emozione quando si è aperto il sipario del Douglass Theatre a Macon, Georgia. A Macon sono nati Otis Redding e Little Richard che si sono esibiti spesso al Douglass Theatre. Entrambi sono stati scoperti sul palcoscenico di quel teatro.
A Macon gli Allman Brothers (anche loro hanno suonato tante volte nel teatro) nel loro periodo d’oro, quando la slide di Duane faceva faville fondarono la loro celebre comune. Al Douglass Theatre hanno suonato personaggi come James Brown ma anche figure mitiche come Bessie Smith e Ma Raney.
Un ‘esperienza da pelle d’oca essere “dentro” alla storia della musica nera.
E altrettanto toccante è stato suonare a Statesboro, Georgia il luogo reso immortale dalla canzone che Blind Willie McTell dedicò alla sua città natale e che gli Allman Brothers fecero conoscere a tutto il mondo nel loro leggendario Live at Fillmore. Certo il fiato mi è mancato subito prima di soffiare la prima nota di “Statesboro Blues” proprio lì, anche perché come dice Bob Dylan “nessuno canta il blues come Blind Willie McTell” però poi il calore del pubblico si è portato via tutta la tensione. Passando a salutare Sonny Payne il leggendario dj del King Biscuit Time in convalescenza dopo alcuni seri problemi di salute, ho in qualche modo riscoperto la Mississippi Hill Country che accanto al suono ruvido e sincero di Burnside e Kimbrough sforna dolci paesaggi collinari e laghi rilassanti facendoci quasi dimenticare che lì accanto c’è l’ Università di Oxford dove il primo nero è potuto entrare tra insulti e sputi solo accompagnato dall’esercito.
Accanto alle straordinarie emozioni provate durante i concerti, i momenti più belli e indimenticabili sono stati quattro e, a parte uno, non sono successi sul palco ma altrove. Sono momenti in cui gli occhi mi sono diventati lucidi: il primo è stato suonare a cappella un vecchio spiritual accompagnato solo dai cori di un pubblico esclusivamente afroamericano che stipava il teatro di Statesboro, il secondo è stato accompagnare con la mia armonica la voce di Jimmy Carter dei Blind Boys of Alabama mentre lui intonava Precious Lord sul divano di casa sua a Birmigham, Alabama; il terzo quello di essere invitato ad una visita privata alla Casa Museo degli Allman Brothers Band a Macon, Georgia dove ho potuto vedere cose solitamente inaccessibili e dove ho sfiorato con la mia armonica il manico della chitarra di Duane Allman. Il quarto e ultimo momento è stato per me la realizzazione di uno dei miei sogni più grandi: suonare Amazing Grace sulla tomba di Martin Luther King.
Quello che ho provato forse non riuscirò mai a raccontarlo veramente.
E proprio Martin Luther King diceva: Cerca di scoprire il disegno che sei chiamato ad essere e poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita.
Fatelo, la vostra anima ve ne sarà grata.
(per gentile concessione della rivista Il Blues Magazine)