“Quando sarò morto prendete la mia pelle e fatene la sella per il cavallo di una signora, così io potrò stare per sempre tra le due cose che ho amato di più nella mia vita: i cavalli e le donne”.
Questa è una strofa di “Here’s to horses” una canzone che il cowboy Mike Blakely ha dedicato ai cavalli e che ha voluto che io “impreziosissi” con quella che lui chiama la “campfire harmonica” (che si potrebbe tradurre come “l’armonica del bivacco”, ma, lo direbbe anche Guccini – tra la via Emilia e il West – non rende l’idea allo stesso modo). Ho conosciuto Mike ad un barbecue (che in Texas non è una semplice “grigliata” ma un rito vero e proprio) nel suo ranch: il Rancho Quien Sabe sulle colline che circondano Austin. Il posto era bellissimo, immerso in un boschetto con tanto di piccolo torrente: una vera delizia della natura. E’ lì che Mike si rintana per scrivere i suoi libri “western” o meglio le sue storie che parlano di cowboys e indiani, cercatori d’oro e fuorilegge. Il suo ultimo libro che narra l’epica storia di un fiero guerriero Comanche, ha venduto centinaia di migliaia di copie in tutti gli States, facendogli vincere prestigiosi premi letterari. Mike è anche il Vice Presidente degli scrittori di narrativa western. Il presidente di questa associazione è il famosissimo (e tradotto, strano ma vero anche da noi) Cormac McCharty che ha scritto il bellissimo libro “All those pretty horses” diventato anche un film e arrivato nel nostro paese con l’incomprensibile titolo di “Passione ribelle”.
A presentarmi Mike è stato “naturalmente” Donnie Price (niente succede in Texas senza che ci sia il suo zampino!), e, dopo il pranzo, com’è d’uso, ognuno ha “tirato fuori” il proprio strumento musicale e si è organizzata una jam-session. Sapevo che Mike, timidamente, scriveva canzoni, a volte proprio tratte dalle storie che poi sviluppava nei suoi romanzi, così gli chiesi di cantarmi qualcosa. Quelle canzoni, il suo modo di raccontarmi le storie che parlavano dei valori cari ai cowboys come la giustizia, la lealtà e l’amicizia mi affascinarono a tal punto che gli proposi di venire a cantare e a raccontare quelle cose, qui, in Italia. Mike è un vero cowboy e ha passato buona parte della sua vita a studiare la cultura e la storia che stanno dietro all’immagine autentica dei cowboys, a volte, davvero lontana da quella un po’ stereotipata che abbiamo noi qui in Europa.
Mia moglie Angelina compì uno dei suoi tanti “miracoli” e organizzò un vero e proprio tour per Mike che tra l’altro non aveva mai suonato “davvero” davanti ad un pubblico e che quindi dovette anche formarsi una band della quale faceva parte anche la mia armonica. Il successo fu tanto e tale da spingere Mike a prendere sul serio la sua carriera di musicista e da quel giorno, era l’aprile del 1987 (lo ricordo bene perché una notte tornando da un concerto trovammo la neve – ad aprile! -) il mio amico cowboy ha fatto cinque dischi e centinaia di concerti in Europa e negli Stati Uniti.
Per la seconda volta un italiano scopriva l’America (senza fare però danni come purtroppo è successo da Colombo in poi)! In cambio Mike (che ha un fisico forgiato dal vento delle grandi pianure del Texas, tanto è vero che una volta dopo essersi bevuto – e non sto scherzando – trenta birre e non so quanti whisky, ha guidato in una notte piena di pioggia da Arezzo a Pavia senza mai fermarsi), mi ha raccontato durante i viaggi di ritorno dai concerti tante e affascinanti storie sul “vero” volto dell’America dei pionieri, tanto diverse da quelle che spesso ci sono state raccontate dal cinema e dalla televisione, dove i “buoni” erano sempre e solo dalla stessa parte. E io gli ho raccontato la mia storia. Una storia di come il destino cambia la vita delle persone, addirittura a volte gliela salva.
Avevo su per giù dieci anni, quando mio padre mi ha regalato una bellissima pistola giocattolo. Era stupenda, aveva il manico di madreperla e costava un sacco di soldi. Mio padre era un operaio e quindi la mia famiglia non nuotava certo nell’oro, ma io avevo insistito così tanto, che lui me la comprò. Nel pomeriggio dello stesso giorno sono andato a giocare nei giardini della stazione, e c’era un ragazzino zingaro, seduto su di una panchina che suonava una vecchia armonica arrugginita. Io mi sono subito innamorato di quel magico suono e allora gli ho chiesto se volesse scambiarla con la mia pistola nuova di zecca. Naturalmente lui ha detto subito di si. Mio padre immaginerete non è stato molto contento dello scambio, tutt’altro, ma forse, forse era destino che andasse a finire così. D’altronde Mike Blakely me l’ha sempre detto: ”Sei solo un cowboy nato nel posto sbagliato, il tuo cavallo è un sogno, la tua pistola una canzone.” EEEEEEEEAAAAAAAAAH!