Di Willie Nelson o più semplicemente di Willie come lo chiamano in Texas si sa tutto o…quasi.
Io vorrei raccontare Willie da una angolazione un po’ speciale, un Willie visto attraverso una lente diversa che lo rende ancora più leggendario. Willie Nelson per gli americani, tutti, rappresenta l’America più autentica. Il suo ritratto sul disco “Spirit” secondo il mio amico e “suo” saltuario bassista Donnie Price rappresenta davvero un paesaggio western: sul suo viso scavato dalle rughe ci sono i percorsi degli indiani e dei pionieri fuse, incredibilmente, su di un unico volto. Ho conosciuto Willie a Helotes in Texas, un paesino vicino a San Antonio. C’era aria di festa quella
sera e Willie parlava e suonava con tutti durante il sound check che lui naturalmente fa giù dal palco: sono anni che non prova un microfono, lui va al sound check solo per incontrare gli amici e… d’altronde ormai tutti sanno come deve suonare la voce di Willie.
Ho parlato con Willie, ho suonato la mia armonica, gli ho raccontato della mia difficile vita di musicista di “insuccesso”, mi ha detto che gli piacerebbe venire a suonare in Italia, gli ho fatto ascoltare qualche brano del disco “Turututela” (all’epoca era solo un progetto). Le storie delle
canzoni gli erano piaciute molto, specialmente quella su Giovanna Daffini. Mi ha detto: “Se lo incidi in Texas, mi piacerebbe suonarlo…”chissà se se ne ricorda ancora. Quella sera, come ogni sera, Willie ha suonato la sua Martin e ha cantato per tre ore, senza un attimo di respiro dando
l’anima come ogni sera, da 50 anni. E il suo pubblico questo lo sa e fa in modo che lui lo “senta” ogni sera, da 50 anni.
Willie Nelson ha un rapporto bellissimo con il suo pubblico, questo mi ha colpito davvero tanto, specialmente pensando a certe “star” della musica leggera di casa nostra.
E Willie Nelson, 70 anni il prossimo aprile, suona con la stessa energia di quando ne aveva venti.
Poi, alla fine del concerto si siede sui gradini del pullman con il quale gira tutti gli States e incontra la gente (tantissima) che è venuta ad ascoltarlo. E uno gli dice: “…sai Willie quando è nata la nostra prima figlia abbiamo stappato una bottiglia e messo su un tuo disco….” Oppure “sai Willie, il giorno che abbiamo comprato un nuovo trattore, un nuovo John Deer alla radio trasmettevano quella tua canzone…”, e poi ancora: “…e il nostro primo bacio …” e “…la laurea di nostro figlio…” e Willie ha una parola, una battuta, un ricordo per ognuno, e stringe mani, e abbraccia e flash di macchine fotografiche prima una, poi 10, 100, 1000 e Willie rimane lì fino a che non ha salutato l’ultimo dei fan…
E’ una cosa davvero emozionante.
E’ qualcosa che va oltre il mestiere della musica.
A tutti i musicisti che iniziano dovrebbe essere data la possibilità di incontrare uno come Willlie.
Jerry Jeff Walker mi ha raccontato un bellissimo aneddoto a proposito di Willie e il rapporto con la strada, con il palco, con la gente.
Jerry Jeff mi ha raccontato di quando 30 anni fa Mickey Raphael (il leggendario e bravissimo armonicista di Willie) è entrato nella band o meglio nella Family. A quei tempi Willie stava facendo concerti dappertutto e specialmente in quei locali dove spesso l’ambientino non è dei più raffinati e dove c’era la “famigerata” rete da pollaio. Il giovane armonicista poco più che ventenne, stanco di suonare sera dopo sera, in posti dove il successo andava conquistato lavorando duramente chiese a Willie Nelson: “Hey Willie per quanto tempo ancora dovremo continuare in questo modo?” e Willie gli rispose: “ io spero per tutta la vita…”.
La passione …Willie è la passione che senti e che vedi bruciare nei suoi occhi di vecchio urban cowboy…eppure la passione è un sentimento che spesso chi canta si dimentica di avere.
Pat Green che ho conosciuto a Luckenbach, Texas (ho aperto il suo concerto e ho duettato con lui mentre fuori dalla dancehall infuriava un “Texas hurricane” da paura) a proposito di Willie, il brutto tempo e il feeling che c’è tra Willie e il suo pubblico, mi ha raccontato questa bellissima storia.
Una sera Willie aveva suonato come al solito per più di due ore e mezzo. Era molto stanco, fuori faceva freddo, tanto freddo, e pioveva a dirotto. Uno dei suoi collaboratori (un “roadie” insomma) entra nel pullman e dice: “Willie anche stasera c’è una fila di 200 fan che ti aspettano, però… se non vuoi andare, è giusto, più che giusto, fuori c’è un tempo da lupi…”Willie lo ha guardato, gli ha sorriso e gli ha detto: “ok, vado…” e Pat Green che era in tour con loro ha guardato Willie come si guarda un marziano e gli ha chiesto: “…ma Willie, ma..alla tua età..ma chi te lo fa fare?” Willie ha sorriso un’altra volta e gli ha risposto: “c’ho messo quasi 50 anni ad avere una fila di 200 persone fuori ad aspettare per stringermi la mano, e certamente non voglio perdermi neanche uno di quegli autografi…”
Pat Green ha capito la differenza che passa tra un grande musicista e un grande uomo. E anch’io.
Concludo con le parole che Willie mi ha detto quando ci siamo lasciati: “non ti preoccupare troppo Fabrizio, e soprattutto pensa che tutto è comunque nelle mani di Dio…anche perché se fosse nelle nostre faremmo davvero un gran casino…”
“I love you Willie”.
Sono tanti i dischi di Willie che mi piacciono tra questi c’è sicuramente “Honeysucle Rose” che è la colonna sonora del famoso road movie con Willie and Family, in Italia è stato tradotto come (sigh!) “Accordi sul palcoscenico”. E’ quindi quasi tutto dal vivo e secondo me rende benissimo
l’atmosfera magica che si respirava in Texas e dintorni alla fine degli anni ’70.
E’ una specie di raccolta delle sue canzoni più famose che ancora oggi costituiscono il fulcro dello show di Willie: “On the road again”, “Pick up the tempo”, “Heaven or Hell”, “Whiskey river”…
E poi c’è ospite persino Emmylou Harris…
Ma se volete davvero piangere andate a riscoltarvi la versione di Jerry Jeff Walker e Willie Nelson di “Man with the big hat” del mio amico Steven Fromholz e capirete che parafrasando il testo della canzone “senza Willie non ci sarebbe stato chi avrebbe cantato il West…”
La versione è contenuta nel disco di Jerry Jeff Walker “Live at Gruene Hall”.