THE BLIND BOYS OF ALABAMA Il miracolo del gospel
Alabama 1939.
Un bambino entra accompagnato dalla mamma nell’istituto per ciechi di Talladega, vicino a Birmingham. Ha solo sette anni, e quando la mamma se ne va e il pesante portone si chiude dietro di lui, il piccolo pensa che la sua vita sia finita per sempre. Il suo nome è Jimmy, Jimmy Carter. Se a quel tempo ci fossero state le medicine giuste per lui, forse Jimmy oggi non sarebbe nemmeno cieco. Vedrebbe il sole e le stelle, come tutti gli altri bambini. Ma nel profondo sud degli States in quegli anni non c’erano medicine per gli occhi. E anche se ci fossero state, chi poteva permettersele? La sua famiglia di braccianti era così povera che il solo fatto di poter comprare quelle medicine sarebbe stato un vero miracolo. E i miracoli si sa non avvenivano in quegli anni nel profondo sud. Questo è solo l’inizio di ciò che Jimmy Carter, oggi uno dei più grandi cantanti di gospel viventi, mi ha raccontato nel corso di una chiacchierata avvenuta dopo un incredibile concerto al Monfortinjazz Festival di qualche anno fa.
Una chiacchierata, molto più lunga di questa intervista, che ha dato il via ad un’emozionante collaborazione che mi ha portato a cantare con tutti i Blind Boys of Alabama I’m on my way su Spirit & Freedom!
Potete vedere il video cliccando qui:
I’m on my way
Mr. Carter grazie per essere stato così gentile con noi e di rispondere alle nostre domande. Cominciamo con la prima. Come sono nati i Blind Boys of Alabama?
Ah, ah! Gran bella domanda! Abbiamo iniziato in una scuola statale per bambini ciechi in Alabama, in una piccola città chiamata Talladega. Tutti i ragazzi che andavano a quella scuola per ricevere un’educazione erano ciechi. E’ così che ci siamo conosciuti. Lì abbiamo cominciato a trovarci per cantare insieme. E più cantavamo insieme, più diventavamo affiatati. Naturalmente non pensavamo che saremmo diventati dei professionisti. Era il 1939. Poi nel 1944 abbiamo iniziato ad andare on the road. E da allora non ci siamo più fermati.
Quindi da quanti anni cantate insieme?
Settanta, o forse anche di più!
Pensa anche lei che gospel e lo spiritual siano stati importanti per il movimento per i diritti civili e durante la battaglia per la conquista della libertà?
Credo proprio di sì. E poi avevamo un grande leader: Martin Luther King, che era un buon cristiano timorato di Dio e che amava immensamente gli spirituals. Uno dei suoi brani preferiti era Free at last che noi cantavamo e un altro era If I can help somebody entrambi contenuti nel nostro cd Down in New Orleans.
Una domanda non facile. Quali sono le sue cinque canzoni gospel preferite?
E’ una domanda davvero difficile, perché le amo tutte allo stesso modo. Sarebbe veramente dura per me sceglierne solo cinque. Una potrebbe essere Amazing Grace, e un’altra potrebbe essere Free at last, ma ne restano ancora tre da scegliere. Non saprei proprio, ci dovrei pensare (ride divertito).
Il vostro successo è oggi grande e ben meritato: i cinque Grammy Awards, siete nella Gospel Music Hall Of Fame; avete registrato e suonato dal vivo con tantissimi artisti: da Tom Waits a Ben Harper da Peter Gabriel a Prince. Ho fatto la stessa domanda a Charlie Musselwhite, un musicista che lei conosce molto bene. Come ci si sente a essere una leggenda vivente e, secondo me, il più grande cantante di gospel contemporaneo?
Beh, grazie per il complimento. Mi sento bene al pensiero che mi sia stato concesso di esibirmi con tutti quegli artisti. A proposito di Prince, non ricordo dove, ma è venuto una sera ad un nostro concerto, è salito sul palco ed ha cominciato a suonare la chitarra con noi. E’ stato un momento molto emozionante per noi. Mai avremmo pensato che potesse accadere. Così come non avremmo mai pensato che un giorno avremmo suonato con tutti quegli artisti che hai nominato: Ben Harper, Solomon Burke, Aaron Neville, Tom Waits, Mavis Staples,Charlie Musselwhite, John Hammond e tutti quei musicisti con cui ci siamo trovati subito a nostro agio e con i quali pensiamo di aver prodotto del buon materiale.
Le piace il blues?
Si, molto (ride). Devo essere sincero non solo mi piace il blues ma amo anche la musica country.
Ci può parlare di Down in New Orleans, il disco che avete registrato a New Orleans per aiutare la gente di quella città?
Si certo. Noi abbiamo un produttore a San Diego, Chris Goldsmith, che un giorno venne da noi e ci disse: “Sapete, dovremmo andare a New Orleans e incidere un disco lì, per avere il sound tipico di quella città, un sound che non abbiamo mai utilizzato in un disco dei Blind Boys”. Così siamo andati là e ci siamo circondati degli ottimi musicisti che vivono in quella città. Alcuni davvero leggendari, come gli Hot Eight, Allen Toussaint e la Preservation Hall Jazz Band. Abbiamo fatto una serie di concerti e poi siamo entrati in studio. Tutto è avvenuto in maniera molto naturale e lo spirito della musica di New Orleans percorre l’intero cd. Tutti noi eravamo al corrente di come l’uragano Katrina avesse devastato quella città. Naturalmente non potevamo aiutare quella gente a ricostruire le loro case perchè essendo ciechi non potevamo certo usare chiodi e martello. Potevamo però portare coraggio e speranza attraverso la nostra musica. La città non è ancora tornata come prima, ma è sulla buona strada; e quindi questo disco è dedicato a New Orleans e alla sua gente.
Il blues e il gospel sono davvero un linguaggio internazionale? E perché secondo lei?
La musica di per sé, compresi il blues e il gospel, è un linguaggio internazionale. Ed è naturale che lo sia. Molta gente pensa che il blues sia una cosa cattiva. La chiamano addirittura la “musica del diavolo”. Io non la penso così. Una volta ho sentito una bella definizione di cosa è il blues, e cioè che il blues non è altro che ciò che sente un brav’uomo quando sta passando un momento difficile. (E ride di nuovo, di gusto).
Quando commosso ho salutato e ringraziato Jimmy a fine intervista, mi è sembrato di rivedere per un attimo, dietro gli spessi occhiali scuri, lo sguardo spaurito di quel bambino che più di settanta anni fa, pensava che la sua vita sarebbe finita il giorno che entrò in un collegio per bambini ciechi. Uno sguardo dolce, sincero, autentico. Lo sguardo di un bambino che cominciò a cantare in coro con i suoi compagni per allontanare la tristezza e la malinconia. Un bambino che farà la storia della musica gospel con i Blind Boys of Alabama.
Foto di Sehan Aadnane